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 PREMIO VERONELLI 2014
 01/12/2014 8.54.25

PREMIO VERONELLI 2014

Il 29 Novembre scorso – il giorno esatto del decennale della scomparsa di Gino Veronelli, c’è stata una sorta di “mobilitazione” generale, qualche iniziativa annunciata e qualcuna più intima, per ricordare il grande Maestro Gino. Nella stessa giornata nell’ambito di GourMarte di Fiera Bergamo c’è stata la consegna del Premio Veronelli.

“La filosofia del Premio anche quest’anno si è legata strettamente alla vita del più noto tra i giornalisti enogastronomici, che si è sempre battuto per il riconoscimento della qualità. In particolare ha incentrato tutta la sua carriera di filosofo, scrittore, giornalista e divulgatore attorno alla difesa e alla valorizzazione della “Terra”, alla promozione del lavoro contadino e artigianale, alla salvaguardia dei giacimenti gastronomici e delle relative autonomie locali (attraverso la proposta delle De.Co., Denominazioni Comunali)”, parole di Arturo Rota.

Dal segretario Roger Sesto si è appreso invece che:..: “Il format adottato negli anni passati ha subito – solo per quest’anno e in via eccezionale – alcune importanti modifiche. In primis, si è deciso di concentrarsi unicamente sulla categoria “La Terra”, quella più identificativa del Veronelli-pensiero ma che, al contempo, compendia e ingloba in qualche modo anche le altre due, momentaneamente sospese: “Le Lettere” e “I Comuni”. La Segreteria ha deciso di puntare unicamente sulla figura dei vignaioli, nel senso di interpreti diretti della valorizzazione della Terra. Una selezione di vigneron ritenuta assai qualificata e meritevole, idealmente suddivisa in tre sottocategorie: “riscopritori di antichi vitigni”; “emergenti”; “veterani”.

La parola è andata quindi a Cesare Pillon, veterano della Giurìa del Premio Veronelli: “Spero di non annoiarvi, ma credo sia giusto spendere qualche parola per sottolineare la singolarità dell’evento a cui stiamo partecipando: un Premio attribuito a tre persone per il loro attaccamento alla terra. E’ un premio diverso da tutti gli altri perché non consiste in una somma di denaro, un oggetto prezioso, una targa d’argento: si esprime intera­mente nella motivazione, è fatto esclusivamente di parole. Ma forse anche per questo, per l’assoluta assenza di inte­ressi economici sia da parte di chi lo attribuisce sia da parte di chi lo riceve è un premio importante e ambito, e sono certo che i tre personaggi che oggi ne sono insigniti ne andranno fieri. Se tutto questo è vero, lo è però per un solo motivo: perché il Premio è intitolato a Luigi Veronelli, cioè a un uomo che ha inciso davvero nella storia del nostro paese: la vitivi-nicoltura italiana non sarebbe quella che è oggi se non ci fosse stato lui, con le sue prediche tutt’altro che inutili, con le sue intuizioni, e anche con le sue ire, con i suoi anatemi. Se oggi il vino è il prodotto trainante del made in Italy, se il contributo delle sue esportazioni è essenziale per migliorare i conti con l’estero, se ha restituito di­gnità all’agricoltura facendone un pilastro dell’economia nazionale, lo si deve in buona parte a lui. E lo straordina­rio è che questi risultati li aveva ottenuti usando sempli­cemente gli strumenti del giornalista e dello scrittore: le parole. Ma come diceva Carlo Levi le parole sono pietre, ed è con le sue pietre ch’è stato edificato il Rinascimento del vino italiano. Non da Veronelli soltanto, naturalmente, ma da tutti coloro che avevano compreso il suo messaggio. Veronelli ci ha lasciato esattamente dieci anni fa e per sottolineare il decennale si è deciso di semplificare questa edizione del Premio, concentrando i riconoscimenti esclusi­vamente sulla categoria di coloro che operando nelle vigne vivono quotidianamente quel rapporto d’amore con la terra a cui Gino ha dedicato pagine memorabili. Senza di lui queste figure non avrebbero il rilievo che hanno oggi, ma senza di loro lui non avrebbe potuto inventare un genere giornali­stico e letterario declinando la cultura materiale nei temi della terra, dei vini e dei cibi, con un impegno che ha avuto impensabili ricadute non solo sul piano economico ma anche sul terreno sociale e civile. I dieci anni trascorsi dalla sua morte sono sufficienti per tentare un bilancio del modo in cui il paese ha gestito il suo straordinario lascito intellettuale. Dispiace dirlo, ma nonostante il benemerito impegno della famiglia e di Gian Arturo Rota in prima persona per mantener vivo il suo ri­cordo, il bilancio non è entusiasmante: alla memoria di Gino Veronelli è stato dato troppo poco, molto ma molto meno di quanto merita. Faccio un solo esempio: Milano, la città dov’era nato, ha deciso solo adesso, in questi giorni, di dedicargli una via nel quartiere Isola, dove aveva trascorso l’infanzia, ed è una decisione che diventerà esecutiva solo fra un anno. Mi chiedo perché, ma temo di conoscere la risposta. I suoi ideali anarchici, la foga nel denunciare l’arroganza del po­tere valorizzando i piccoli produttori, le invettive contro le assurdità della legge sulle denominazioni di origine che inchiodavano la produzione vinicola italiana a un triste de­stino di bevanda di massa, la denuncia della inadeguatezza dei tecnici enologici al ruolo che avrebbero potuto svolgere gli avevano procurato feroci inimicizie già quand’era vivo. Ma con lo straordinario carisma di cui era dotato, lui non aveva mai avuto difficoltà a reagire mobilitando le coscien­ze a favore dei suoi ideali. E io non voglio concludere que­sto mie parole con una nota amara. La giuria ha avuto l’imbarazzo della scelta nell’individuare i tre personaggi più meritevoli del Premio, e tra i candidati molti apparten­gono a una generazione che Gino Veronelli forse non sa nean­che chi sia stato, eppure operano nel solco che lui ha trac­ciato. Ed è questo che ci garantisce che il suo messaggio non andrà disperso: non potrà esserlo fino a quando il suo pensiero sarà il fermento che fa lievitare la consapevolezza di coloro che hanno l’anima avvolta nella terra”.

I VINCITORI PREMIO LUIGI VERONELLI 2014

LE MOTIVAZIONI

1) Vincitore ex-aequo per l’unica sezione in programma, "LA TERRA"
Il “ veterano” GIORGIO GRAI:

Per aver anticipato di decenni, da sapiente e lungimirante enologo, molti aspetti della vitivinicoltura che oggi paiono quasi scontati, come la longevità di alcuni grandi vini italiani -soprattutto bianchi - da uve autoctone, in tempi in cui solo i più conosciuti vini rossi delle zone storiche o i cosiddetti tagli bordolesi godevano l’attenzione dei più. Oggi, non più giovanissimo ma ancora tenace ed elegantemente polemista, Giorgio Grai continua a percorrere la Penisola come un ragazzo curioso e a credere nell’importanza sia nel rispetto del terroir sia in pratiche di cantina del tutto non invasive.

2) Vincitore ex-aequo per l’unica sezione in programma, "LA TERRA",
La “emergente” NATAŚA ĈERNIC:

Per avere deciso di investire il suo futuro, da giovane donna qual è, nella viticoltura. In un territorio difficile, quello del Carso, dominato da rocce e vento, spigoloso e pungente, e con vitigni complessi da allevare, vinificare, comunicare: Vitovska, Malvasia istriana, Terrano Senza farsi intimorire e con ammirevole combattività, mostra grande personalità e sa trasmettere con passionalità la sua filosofia: tutta al servizio della terra, per nulla interventista, che lascia alle piante mature il compito di autoregolarsi. Caparbia anche nel far conoscere i tratti così singolari delle sue etichette.

3) Vincitore ex-aequo per l’unica sezione in programma, "LA TERRA",
La “viticoltrice eroica, ricopritore di antichi vitigni” MARISA CUOMO:

Per essersi resa protagonista, con il marito Andrea Ferraioli e in Costiera Amalfitana, di una viticoltura estrema, ove occorre ingegnarsi per strappare alla montagna le più piccole nicchie e poter - con difficoltà - coltivare la vite. Tanto d’aver obbligato la nostra "angela matta", per citare Luigi Veronelli, a piantare le sue direttamente sulla nuda roccia a strapiombo sul Tirreno, poste su lembi di terra costituiti da arditi terrazzamenti. In questo contesto, Marisa Cuomo è riuscita anche a salvare dall’estinzione rare uve autoctone: Fenile, Ginestra, Ripoli, Biancatenera, Biancazita, San nicola, Pepella.

(Ha ritirato il premio il marito Andrea Ferraioli).
In chiusura, importante è ricordarci che… “la vita è troppo corta per bere vini cattivi”.


A cura di Rocco Lettieri

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